

Black Jack, fiore all'occhiello del Green Park: da squadra ad organizzazione dei tornei. Giosè Monno: "Gianni Caffaro ci vide giusto"
“Gianni Caffaro aveva il fiuto, era un innovativo, ti trasmetteva stimoli, invogliantoti a fare sempre meglio. Se il Black Jack ha dominato la scena per tanti anni nell'organizzazione dei tornei il merito è solo e soltanto suo”. Giosè Monno padre dell'organizzazione della squadra prima e dei tornei dopo, traccia un bilancio dei dodici lunghissimi anni di gestione: “Il Black Jack nasce come squadra di calcio, per poi iniziare un lungo e bellissimo percorso come organizzazione di tornei. C'era voglia in quegli anni, motivazioni fortissime che ci hanno permesso di gestire addirittura 25 squadre - prosegue Monno - il Black era per tutti una famiglia. Non ce l'avrei matta da solo. In primis, senza il fondamentale aiuto del mio amico fraterno Simone Sifanno, di Cristian Colluccelli, di Tonino Caffaro e di Salvatore Ingredda. Un ringraziamento speciale anche a Francesco Carrassi, designatore degli arbitri e spesso consigliere”
Gli inizi nel 2009 e le prime pagine di giornali e degli highlights: “Quel periodo era bello creare articoli di giornale e montare le immagini delle partite. Facevo tutto da solo perchè mi divertivo. Quando ho visto che questo modo di organizzare i tornei piaceva alle squadre partecipanti, ci presi gusto. Mi fa piacere che quasi tutti i tornei attuali abbiano preso ispirazione. Io ragionavo da calciatore e su come volessi il torneo. La mia visione era la stessa dei tesserati. La passione per il giornalismo è nata lì. Poi lo sono diventato per davvero ".
Nel 2021 il declino e la chiusura dei tornei: “Non c'è un episodio in particolare che mi ha fatto passare la voglia. Ero semplicemente saturo. Avevo dato tutto e non avevo più nulla da offire. Per questo motivo ho deciso di smettere. Certo, la chiusura del Green Park ha influito tantissimo, anche se è avvenne nel 2017, quattro anni prima. Nelle altre strutture, seppur super disponibili, non ho mai ritrovato quella atmosfera. Ho visto ragazzi crescere, oggi sono papà e mariti. Alcuni, e me dispiace tantissimo, non ci sono più. Ricordo con piacere Tommaso Rossini e Salvatore De Leo. Due ragazzi splendidi, andati via troppo presto”.
Quale torneo si avvicina al tuo? “Credo che OneSoccer abbia preso l'eredità sposando un progetto interessante ed innovativo. Molti degli organizzarori li conosco, perchè hanno partecipato per anni nei miei tornei. Hanno fame, voglia di stupire e stimoli. Mi auguro che proseguano su questa strada. Se dovessi dargli un consiglio è quello di mettere sempre le squadre al primo posto e di mandar via quelle persone che partecipano solo per vincere. Non è semplice, lo so, ma bisogna provarci. Anche quello del mio collega Mancino è molto bello. Per certi aspetti ricorda invece l'atmosfera del Green Park”
Hai mai rischiato di prenderle? “Sempre - sorride - un giorno forse scriverò un libro. Ci sono episodi davvero grotteschi. Una volta un tesserato mi buttò una bottiglia piena di acqua in direzione del viso perchè non accettava le decisioni dell'arbitro. Per fortuna non mi prese. Oggi sorrido, ma quel giorno mi spaventai. Ovviamente fu messo alla porta”
Tuo nipote Stefano ha ridato vita alla squadra. Che reazione hai avuto alla notizia: “Felice. Perchè lui ha vissuto gli anni belli del Black, ha respirato quella atmosfera. Prova a replicarla. Mi auguro che ci riesca. Quello che gli dico sempre è di non pensare solo a vincere. Devono in primis divertirsi. Sono momenti che poi non torneranno più, quindi vale la pena viverli positivamente”