A Bari (ormai) è scontato fallire

10.04.2017 13:00

 

 

Mangia, Nicola, Camplone, Stellone e Colantuono: questi sono i nomi che da tre anni a questa parte si sono succeduti sulla panchina del Bari con risultati negativi. I primi quattro sono stati esonerati e, ad oggi, anche l’esperto Colantuono sta trovando non poche difficoltà- molto simili a quelle dei suoi predecessori- nel trovare il bandolo della matassa. Tutti  non all’altezza oppure c’è un problema di fondo che affligge Bari?  E’ difficile credere che ogni allenatore arrivato a Bari non riesca ad esprimere il proprio calcio fallendo puntualmente. La verità è che a Bari da tre anni ormai si chiede agli allenatori di vincere subito con delle squadre costruite in fretta e senza un’idea tattica che faccia da padrona nelle sessioni di mercato. Provare a far rendere una squadra quando alle spalle c’è un non- progetto è molto difficile, quando si cambiano 10 giocatori ogni sessioni di mercato: il Bari  agisce in sede di mercato senza un criterio tattico perché  evidentemente non ha la disponibilità economica per ambire a giocatori top in cadetteria da abbinare ad un preciso progetto tecnico- tattico.

 

La gatta frettolosa fa i figli ciechi. La fretta calcistica è stato il tratto  che ha accomunato questi tre anni di gestione, prima Paparesta e poi Giancaspro. Si parlava di progetto triennale e di prospettiva futura ma contemporaneamente si puntava su giocatori over 30 e si provava a vincere subito: le parole professate in questi anni sono state subito sconfessate dai fatti. Se mai ci fosse stato un progetto, si sarebbero visti dei giovani esordire con la maglia del Bari e sopratutto non si sarebbero visti allenatori cacciati dopo 35 punti in un girone come Nicola o Stellone dopo 13 giornate di campionato. Progetto vuol dire difendere le proprie scelte tecniche che sembrano, invece, cambiare ogni 10 giorni qui a Bari. La società dovrebbe far da scudo e difendere gli allenatori dalle critiche della piazza ma questo spesso non è avvenuto, nel tempo si sono visti esoneri a furor di popolo e non figli di una riflessione tattica più ampia. Gli ultimi anni dovrebbero essere da monito per la dirigenza biancorossa: ad andare in A non è chi ha i Floro Flores o i Brienza ma chi ha una base tecnica consolidata. Basti vedere la Spal, il Carpi, il Crotone e così via: una squadra che cambia 20 giocatori ogni anno come può costruire un’anima, un gruppo e giocatori di personalità che fino all’ultimo lottino per la maglia? 

 

Le illusorie aspettative della piazza. Una piazza esigente come Bari non fa altro che esasperare questa situazione: Bari dà tanto come presenze ma poi vorrebbe veder ricambiato questo fiume di amore che ogni settimana dimostra. Ogni anno i tifosi pensano che possa essere l’anno giusto, per poi essere smentiti da prestazioni negative ed a tratti desolanti. I tanti nomi messi nell’album delle figurine dalle dirigenze spesso traggono in inganno i tifosi biancorossi che ogni anno tengono viva la fiammella chiamata Serie A, che però, incomincia a diventare un’ossessione. Questo obbiettivo che manca in maniera ossessiva non fa altro che creare un’ambiente che, dopo tanti passi falsi, non accetta più errori e rischia di disinnamorarsi della squadra. Questo potrebbe essere l’ultimo anno di un credito così alto e di un consenso così ampio. L’anno prossimo, se non si dovesse raggiungere l’obbiettivo, si potrebbe tornare nell’oblio e nel solco creatosi già nell’era pre- Conte tra squadra e città.


Anche i calciatori afflitti dalla sindrome del fallimento barese. E’ una casualità  che oltre agli allenatori anche i giocatori rendano meno del previsto? Purtroppo è tutta una conseguenza. Quando non c’è un progetto anche i calciatori più blasonati faticano a rendere e soprattutto ad inserirsi in un meccanismo che non funziona. L’ultimo ma non l’unico esempio è quello di Schiattarella considerato un buon gregario a Bari e che ora dirige in maniera perfetta il centrocampo della Spal in cima alla classifica di Serie B: quando una squadra funziona e gira a mille all’ora, rendere al top è più facile. A Bari ebbero questo exploit i giocatori della meravigliosa stagione fallimentare che inseriti in un ingranaggio perfetto, resero al di sopra delle aspettative: dopo quella stagione, invece, la piazza di Bari è esattamente il contrario. Un giocattolo che non funziona e qualsiasi pezzo viene inserito in questo giocattolo sembra rotto o inserito nel posto sbagliato. Andrebbe azzerato tutto e bisognerebbe ripartire da zero con idee, un progetto vero e pazienza a supporto del progetto. Perché senza progetto e senza pazienza, si può avere anche una squadra infarcita di giocatori top ma ad andare in Serie A saranno sempre l’organizzazione e le idee.

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