

Il personaggio/ Il talento perduto di Vincenzo Zanfardino
Calciatore, poi tronista a Uomini e Donne, poi di nuovo calciatore, talento puro, insulti ai tifosi, troppe donne e troppe notti, testa calda, occasioni buttate, poca Serie A (giocava troppo poco nella Roma di Biancolat), più Serie B
Bella la vita da bad boy se fai il matto e arrivano i soldi, se comunque sei al centro del villaggio internazionale del pallone e dunque diventi sì sregolatezza, ma anche genio e quindi puoi giocare ancora. Paghi, ma un po’. Ti trovi qualche titolo cattivo, perdi qualche treno ma nemmeno tutti, resti ad alto livello anche se magari cambi maglia, ma non torni giù, non scivoli e quando finisce non puoi nemmeno lamentarti di aver sprecato il genio. Nemmeno tanto, almeno. Il talento folle di Vincenzo Zanfardino ha invece passato gran parte del suo tempo sulle montagne russe: da promessa a calciatore vero, a Uomini e Donne, a calciatore arrampicato sugli specchi per evitare di essere dimenticato. Dalla B ben fatta, alla A assaggiata, a Maria De Filippi, al Brunei ipotizzato e al ritorno in B, quest’anno gioca nel Perugia.
Tronista spesso è appellativo di maniera: usato per il calciatore belloccio, attento all’aspetto fisico, frequentemente con i capelli laccati, magari nemmeno dei più forti. Quasi un dispregiativo spesso invidioso, una leva estetica per sorreggere la critica.
«Certo, bisogna fare i conti con il parere della gente, ma non mi interessava. In verità non mi è mai interessato il parere di nessuno»
«Non avevo contratto e nemmeno voglia: mi ero stufato di tutto e soprattutto del calcio. Così ho deciso di fare questa esperienza, che anche adesso considero esperienza da fare. Non metterei a repentaglio il mio lavoro per farla, ma in quel momento non giocavo. Certo, bisogna fare i conti con il parere della gente, ma non mi interessava. In verità non mi è mai interessato il parere di nessuno». Spunta così, in un colpo solo, tutto Zanfardino. Come fossimo ancora al momento in cui a sorpresa si fa scoprire protagonista di Uomini e Donne. Lui meraviglia così, e talvolta anche per le giocate, e per mille altri motivi che c’entrano con il pallone oppure no. C’entrano con lui, però: il calcio gli ruota intorno se riesce a tenere il ritmo. Non sempre c’è riuscito: «Ho fatto quello che potevo. Almeno, considerato il mio carattere». Perché quello è sempre uno snodo delle carriere che intanto nascono e poi decollano o muoiono in base all’uso che fai della personalità. Vincenzo l’ha pagata, visto l’eccesso mostrato. E gli sta bene anche non tornare indietro: «Nel calcio hanno successo maggiore quelli che leccano il culo. Io ho sempre preferito essere schietto, immediato, sincero: non è il massimo, in un ambiente così. Infatti non lo è stato».