

Dal tavolo da gioco al campo da calcio: ecco come nacque il Black Jack 15 anni fa
Tutto è cominciato in un seminterrato, tra risate, carte e sogni a voce alta. Oggi il club è molto più di una squadra di calcio: è una storia di amicizia, passione e comunità
Un tavolo, una Peroni ghiacciata, qualche sigaro sparso qua e là e le risate di un gruppo di amici. È così che tutto è cominciato. Nessun progetto ambizioso, nessun piano strategico: solo la voglia di stare insieme e godersi quelle serate nel seminterrato di casa Sifanno. Era il 7 ottobre del 2009 e quel tavolo, oggi quasi mitico, fu il primo terreno di gioco del Black Jack.
A capotavola sedeva Simone Sifanno, oggi vice presidente, insieme a Giosè Monno — attuale presidente — e a due nomi che avrebbero segnato la storia della squadra: Alessandro Cozzoli, oggi capitano, e Saverio Traversa, attuale vice capitano. Le carte scorrevano tra battute e sogni a voce alta, ma tra quelle risate prendeva forma un’idea più grande: fondare una squadra. Non solo per giocare, ma per creare qualcosa che lasciasse il segno.
Quello che nacque come un passatempo tra amici è diventato, nel corso degli anni, un simbolo di sport, passione e comunità. In dodici anni, la Black Jack ha lasciato il suo marchio in tornei, eventi benefici e iniziative sociali. Dalla storica “Bevi o Guidi”, organizzata da Giosè Monno e Davide Abrescia, che vide la partecipazione straordinaria di Ciccio Caputo e Giovanni Loseto (in uno spot girato all’interno dello stadio San Nicola) fino all’evento che commosse tutta la città: “Bari x Aurora”.
E come dimenticare un gol contro l’Alzheimer, un’iniziativa che vide schierate tante vecchie glorie del calcio biancorosso, unite per una causa che va ben oltre il calcio giocato.
Oggi, il Black Jack non è solo una squadra di calcio: è un'idea, una famiglia, un pezzo di storia scritta tra sorrisi e un'inesauribile voglia di stare insieme. E tutto questo (ironia della sorte) è nato proprio dal gioco d’azzardo più famoso. Ma quel Black Jack di allora era solo un pretesto. Per ritrovarsi. Per sognare. Per diventare, oggi, qualcosa di vero.
No al gioco di carte, sì al gioco del calcio.